Fabio Maniscalco, archeologo subacqueo, eroe. Un libro per raccontare la sua storia

E' scomparso ormai da sette anni Fabio Maniscalco,  archeologo subacqueo, brillante studioso, eroe della salvaguardia del patrimonio in zone di conflitto.

Sette anni fa, a causa dell'uranio impoverito e dei metalli pesanti assorbiti mentre cercava di salvare i tesori dell'arte dalla furia della guerra in ex-Jugoslavia,  si spegneva, ancora giovane, nella sua Napoli; solo poche settimane prima, di fronte alla condanna decretata dalla sua malattia, era stata avanzata l'idea di proporre il suo nome per il Nobel per la pace.

Oggi un libro racconta la sua storia (si presenta a Napoli, al circolo ILVA di Bagnoli, il 30 settembre alle 18.30): Oro dentro. Un archeologo in trincea: Bosnia, Albania, Kosovo, Medio Oriente (Skira ed., 192 pag., 16 euro), scritto da Laura Sudiro, archeologa e giornalista, e da Giovanni Rispoli, giornalista e storico, è il doloroso racconto di un'esistenza generosa, del lavoro, dei sogni e delle speranze di un giovane studioso, giunto a rischiare, e a sacrificare, la vita in nome dei propri ideali. 

Attraverso il ricordo di chi lo ha conosciuto, gli autori sono riusciti a ripercorrere le tappe di una carriera intensa e durissima: un faticoso ventennio di precariato e soddisfazioni, incertezze e speranze, diviso tra le tante attività svolte in patria, dalla ricerca archeologica sul campo, nelle acque di Baia, alla pubblicazione di saggi, manuali e monografie, fino alle docenze universitarie all'Orientale di Napoli, e le continue missioni all'estero, nei luoghi devastati dai conflitti dei Balcani, tra musei saccheggiati e antichità da salvare.

Nelle pagine di Oro dentro, le immagini delle vicende di Fabio Maniscalco sono forti e contrastate, come fu la sua esistenza. E' giovanissimo, in sella a una moto, ad attendere la compagna di sempre, Mariarosaria, in una mattina di sole; o, teso, nella pancia di un C-130 in atterraggio a Sarajevo, mentre il pilota cerca di schivare i colpi che partono da terra; o in acqua, nel Golfo di Pozzuoli, a trilaterare gli ambienti sprofondati del vicus Lartidianus, e in aula, all'Università, a spiegare i principi dell'archeologia subacquea, e la tutela dei beni culturali in area di crisi. E' in ospedale, alla fine, e la tristezza che vela la sua storia, per chi ne conosce l'esito, diviene per il lettore un pugno allo stomaco.

Se fosse ancora fra noi, oggi, Fabio Maniscalco sarebbe probabilmente impegnato a salvare i tesori dell'archeologia dalle distruzioni dell'ISIS e della guerra, ancora una volta in trincea per l'arte, come ha sempre vissuto; o, magari, si troverebbe nuovamente al lavoro, nelle acque dell'amata Baia, a documentare le strutture antiche sommerse del bradisismo, e a proseguire l'opera di ricerca intrapresa ormai più di vent'anni fa. Non c'è più. E non resta che raccontarne, e ascoltarne, la storia.

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