Il Kenya pronto a musealizzare il proprio patrimonio subacqueo
Un anno e mezzo fa annunciavamo su queste pagine il progredire delle ricerche archeologiche sottomarine nelle acque kenyote, frutto di un importante accordo di collaborazione con la Cina: il gigante asiatico, interessato a documentare la presenza di navigatori e mercanti asiatici in Africa nello scorso millennio, e al tempo stesso a rinsaldare l'amicizia con Nairobi, proteggendo gli interessi dei suoi investitori, ha sponsorizzato negli ultimi anni estese ricerche nelle acque dell'Oceano Indiano.
Oggi le Autorità hanno annunziato di essere pronte all'apertura di percorsi archeologici subacquei nell'area di Ngomeni, a nord della località turistica di Malindi, e alla creazione di un grande Museo di Archeologia del Mare, in grado di accogliere, preservare e presentare al pubblico i reperti rinvenuti dal Sino-Kenya Underwater Archaeology Project.
I consistenti mezzi messi dal Governo Cinese a disposizione degli archeologi hanno permesso di documentare oltre trentacinque relitti di età moderna e contemporanea appartenenti alle flotte militari e mercantili di Portogallo, Germania, Gran Bretagna e India, a riprova della funzione di snodo commerciale svolta per secoli dallo stato africano.
In particolare, i lavori hanno permesso di raccogliere dati significativi sul ruolo svolto dai navigatori portoghesi nel commercio su lunga distanza nell'Oceano Indiano. Gli archeologi cinesi, però, sembrano maggiormente attratti dalla prospettiva di poter dare spessore alla notizia di un altro antico naufragio, quello di alcuni marinai di Zheng He, celebre Ammiraglio-esploratore del XV secolo: secondo la tradizione, rimasti privi della nave nei pressi delle isole Lamu, decisero di insediarsi sul posto e mescolarsi alla popolazione indigena, creando un'enclave sino-africana destinata a lasciare un'impronta significativa fino ai giorni nostri.
Lo sviluppo dell'archeologia subacquea in Kenya costituisce un elemento di notevole interesse sul continente africano. Gli sponsor cinesi, inoltre, hanno correttamente integrato personale locale nel progetto, contribuendo alla formazione di una prima generazione di archeologi marittimi kenyoti.
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