Ritrovato un rostro romano della battaglia delle Egadi



Il 10 marzo del 241 a.C. la flotta cartaginese e quella romana si affrontarono in una grande battaglia navale nelle acque delle Isole Egadi. Lo scontro, che vide una schiacciante vittoria romana fu decisivo, e pochi giorni dopo i Cartaginesi inviarono ambasciatori a Roma a chiedere la tregua, decretando di fatto la fine della prima guerra punica.

Il 26 giugno del 2008, gli archeologi della sempre più efficiente Soprintendenza del Mare siciliana in collaborazione con la RPM Nautical Foundation hanno riportato alla luce un importante pezzo di quella battaglia: si tratta di un rostro romano, il quinto al mondo e il secondo in Sicilia.
Ecco la notizia, proveniente dalla sezione news del sito ufficiale della Sopintendenza che trovate alla pagina http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/archeologiasottomarina/news.htm.




LA SOPRINTENDENZA DEL MARE E LA RPM NAUTICAL FOUNDATION RIPORTANO ALLA LUCE DOPO 2249 ANNI IL ROSTRO DI UNA NAVE ROMANA AFFONDATA NELLA PRIMA GUERRA PUNICA DEL 10 MARZO 241 a.C.
Il rostro di una nave romana viene riportato alla luce dalla Soprintendenza del Mare e dalla RPM Nautical Foudation il 26 giugno 2008, dopo tre anni di ricerche nelle acque delle Egadi nei fondali di "Banco dei Pesci". Al momento, questo è il quinto rostro esistente al mondo dichiara Sebastiano Tusa ed insieme all’archeologo Jeffrey Royal della RPM notano la somiglianza con quello già esposto al museo Pepoli di Trapani. La Regione Siciliana adesso è l’unica al mondo a possederne due.Grazie all’impegno costante prodotto dagli uomini della RPM Nautical Foundation ed a quelli della Soprintendenza del Mare, in particolare Stefano Zangara, Alessandro Urbano, Daniele Valenti e Salvatore Palazzolo, si è arrivati ad un scoperta di altissimo livello storico; la scoperta infatti conferma la tesi del Soprintendente Tusa sullo scontro avvenuto fra la flotta romana e cartaginese il 10 marzo 241 a.C. a nord-ovest di Levanzo. Il rostro è formato da un pezzo unitariamente fuso in bronzo che si andava ad inserire nel punto di congiunzione tra la parte finale prodiera della chiglia e la parte più bassa del dritto di prua. La parte anteriore del rostro è, infatti, costituita da un possente fendente verticale rafforzato da fendenti laminari orizzontali. Questa era lo strumento micidiale che veniva inserito con forza sulle fiancate delle navi nemiche per determinarne il rapido affondamento grazie alle falle che generava. Le operazioni di recupero ad oltre 70 metri di profondità, effettuate dalla RPM Nautical Foundation con l’ausilio di un R.O.V. (Remotely Operated Vehicles), sono state assistite da mezzi nautici del Reparto Aeronavale della Guardia di Finanza, dai subacquei della Soprintendenza Stefano Vinciguerra e Giuseppe Mutolo e dal sommozzatore altofondalista messinese Giammichele Iaria. Il Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa e il Presidente della RPM Nautical Foundation George Robb, alla presenza dell’archeologo Jeffrey Royal, hanno firmato la convenzione che regola i rapporti fra la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana e la RPM Nautical Foundation.

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