I marmi di Punta Scifo e le anfore di Imperia: luci e ombre di un'estate italiana

I mari d'Italia continuano a restituire relitti e scoperte di grande fascino: se a giugno davamo notizia dei nuovi relitti di Taranto e Ventotene e delle ricerche svolte a Pantelleria e nel fiume Stella, e a luglio citavamo, tra le numerose novità siciliane, il rinvenimento di un relitto carico di antiche macine nelle acque di Filicudi, possiamo oggi arricchire la lista con altri due ritrovamenti. Con qualche differenza.

In Calabria, sui fondali di Punta Scifo, è stata resa nota l'individuazione dell'imponente carico di una navis lapidaria, databile al III secolo d.C.: 350 tonnellate di marmo proconnesio, proveniente dalla Turchia e destinato, verosimilmente a Roma. La nave, che doveva misurare circa 40 metri, per una larghezza massima di 14, fa parte della serie di relitti scoperti in acque calabresi su cui già da alcuni anni lavora un'équipe diretta da Carlo Beltrame, dell'Università Ca'Foscari di Venezia, e da Salvatore Medaglia, dell'Unical, coadiuvata dai tecnici del gruppo REITIA e con il sostegno della locale Soprintendenza: almeno cinque navi, per le quali, alla consueta documentazione archeologica sottomarina, si è deciso di affiancare un'analisi specifica dei marmi, grazie alla collaborazione con Lorenzo Lazzarini della IUAV veneziana [a questo link   la pagina ufficiale del progetto sulle naves lapidariae del crotonese, dal sito d'Ateneo].

In Liguria, invece, le scoperte più consistenti sono scaturite da una massiccia operazione condotta dai Carabinieri in contrasto all'azione di tombaroli e saccheggiatori degli abissi. Muovendo dai sequestri di anfore e materiale archeologico condotti in case di privati (tra cui l'anfora rinvenuta nella casa dell'ex ministro Scajola, sulla cui provenienza gli inquirenti cercano ora di dare risposte precise), gli uomini dell'Arma hanno messo in luce un vero e proprio sistema organizzato intorno al traffico di reperti provenienti dalle acque liguri: anfore e altri oggetti venivano recuperati e smistati, su ordinazione, da una rete vasta e strutturata (sono 28 gli indagati, venuti fuori nel corso delle operazioni Nemo e Nemo2). Il relitto principale cui attingevano i sub si trova a 60 metri di profondità, un miglio e mezzo al largo delle coste d'Imperia, e per la Soprintendenza si tratta di una  nave di grandissimo interesse. Toccherà agli archeologi, ora, studiare, documentare e comprendere, sperando che il danneggiamento al sito e al suo contesto, ad opera dei tombaroli, non abbia compromesso per sempre un tassello importante della nostra storia.



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